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06/04/2023 / Marketing & comunicazione

Femvertising: come si è evoluta la figura femminile nella pubblicità

In risposta alle campagne pubblicitarie che per interi decenni hanno rappresentato un’immagine stereotipata e idealizzata della donna e del corpo femminile, nel 2014 è nata una tendenza pro-female volta a superare gli stereotipi di genere e a promuovere l’inclusività e la parità di genere: il femvertising. Vediamo di cosa si tratta. 

La pubblicità è parte integrante della cultura popolare: i messaggi e i valori che i brand scelgono di diffondere e trasmettere nelle loro campagne pubblicitarie riflettono la nostra società e la realtà che ci circonda. Per decenni, la figura della donna è stata subordinata all’uomo e ha sempre occupato un ruolo secondario all’interno di una società maschilista e patriarcale. Questa condizione di inferiorità della figura femminile si è riflessa, ovviamente, anche in ambito pubblicitario. Fortunatamente, con il trascorrere degli anni e dopo molti dibattiti e proteste volti a superare il gender-gap, la condizione della donna è progressivamente migliorata a livello sociale e, di conseguenza, anche a livello di marketing e comunicazione.

Quando parliamo dell’evoluzione della rappresentazione della donna nella pubblicità, non possiamo non tener conto del Femvertising, una strategia di comunicazione che si serve prevalentemente dei social media e che ha l’obiettivo di combattere gli stereotipi di genere in ambito pubblicitario. Vediamo di cosa si tratta e come si è arrivati alla nascita di tale fenomeno.  

Il Femvertising: cos’è e quando è nato?

Coniata nel 2014 in occasione di un dibattito durante l’Adweek di New York, l’espressione Femvertising nasce dall’unione dei termini feminism (femminismo) e advertising (pubblicità) per dare voce al “femminismo di quarta ondata”, un’ideologia sociale che utilizza i canali di comunicazione digitali e in primis i social media per veicolare messaggi e valori pro-female e prendere una posizione contraria alle pubblicità colme di cliché, stereotipi o che discriminano o sessualizzano il corpo della donna.

Con il termine Femvertising si fa rifermento ad una strategia di comunicazione che mira a promuovere una rappresentazione della donna totalmente diversa dal passato. Il Femvertising fa leva sull’empowerment femminile, sull’intraprendenza, sulla forza e sull’indipendenza delle donne moderne e cerca di veicolare messaggi inclusivi, che valorizzano etnie e bellezza diverse, superando il gender-gap e la visione patriarcale di un tempo.

La disparità di genere, così come discriminazioni di altra natura, sono tematiche che stanno molto a cuore soprattutto alle nuove generazioni, che sfruttano i media digitali per esprimere il loro sostegno nei confronti di tali campagne e movimenti attivisti, e per confrontarsi e creare dibattiti volti a scardinare alcune discriminazioni e ideologie obsolete o sessiste.

Per comprendere come si è arrivati alla rappresentazione odierna della donna in ambito pubblicitario e alla nascita del Femvertising è necessario ripercorrere alcuni momenti storici salienti.

L’evoluzione della figura femminile nella pubblicità

1950-1960: il riflesso di una società maschilista

Gli anni Cinquanta rappresentano il periodo del secondo dopoguerra e soprattutto del cosiddetto boom o miracolo economico - un momento storico contrassegnato da un aumento esponenziale della produzione e della commercializzazione dei beni di consumo. Per promuovere i propri prodotti e differenziarsi dalla concorrenza, le aziende iniziano a destinare cospicui budget alla pubblicità sui mezzi di comunicazione cartacei e sugli spot televisivi (è proprio in questo periodo che, in Italia, si diffonde il celebre programma Rai “Carosello”).

Dal punto di vista sociologico vi erano molte differenze rispetto ad oggi: la società era prettamente maschilista e vigeva una visione patriarcale della famiglia, dove la donna era sottoposta completamente al volere dell’uomo e identificata esclusivamente come moglie, mamma e casalinga. Questa situazione si riflette in ambito pubblicitario, dove la figura femminile viene rappresentata come la classica casalinga borghese e associata a prodotti per la casa, elettrodomestici, detersivi o cibo. Ne è un esempio la pubblicità dell’azienda statunitense Hoover, il cui claim “You’ll be happier with a Hoover”, ovvero “Sarai più felice possedendo una Hoover”, è emblematico del pensiero collettivo di quell’epoca: la donna era una semplice casalinga la cui felicità sarebbe dipesa “dall’avere una casa più pulita, colori più freschi e prolungare la vita dei propri tappeti”.  

1970: da casalinga a donna-oggetto

La visione della figura femminile cambia negli anni Settanta, quando la donna diventa una vera e propria icona sexy delle pubblicità volta ad attirare e gratificare il pubblico maschile mediante sguardi ammiccanti, pose sensuali e corpi seminudi. Il corpo femminile e la sensualità della donna diventano i veri protagonisti delle pubblicità e fungono da catalizzatori per appagare l’occhio dell’altro sesso. In questo periodo nasce l’espressione donna-oggetto, in quanto viene esclusivamente considerata come uno strumento di piacere estetico o sessuale.

Nel 1974, Weyenberg Massagic Shoes pubblica su Playboy Magazine una pubblicità che raffigura una donna nuda e con sguardo ammiccante sdraiata sul pavimento dietro alla scarpa del brand. L’inserzione è accompagnata dal claim “Keep her where she belongs” ovvero “Tienila al suo posto, ossia ai piedi di un uomo.

1980-1990: i primi segnali di emancipazione femminile e la recessione economica

La prima metà degli anni Ottanta è contrassegnata da una continuità con il decennio precedente: la donna svolge ancora un ruolo centrale all’interno delle campagne pubblicitarie, mentre il prodotto da sponsorizzare è in secondo piano. In questo periodo aumenta la produzione e commercializzazione dei beni di consumo per uso personale e si amplifica l’interesse nei confronti della moda, del make-up, della palestra e dei prodotti dimagranti. Si diffonde un ideale di bellezza che sarà dominante per molti decenni a seguire, caratterizzato da un corpo snello, magrissimo e privo di imperfezioni.

Soltanto verso la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta assistiamo ai primi segnali di emancipazione femminile. La donna inizia ad essere rappresentata come una persona autonoma, forte, capace di fare carriera e sessualmente libera, e se ne celebra l’intraprendenza e l’autosufficienza. Ne è un esempio la pubblicità di Yves Saint Laurent, che mostra una donna in ufficio seduta alla scrivania che indossa una giacca elegante, un capo che un tempo veniva utilizzato esclusivamente dagli uomini.

Gli anni Novanta rappresentano un decennio molto difficile per il settore pubblicitario in quanto la crisi economica colpisce duramente ogni ambito della società e i primi budget ad essere tagliati da parte dei brand sono proprio quelli destinati al marketing e alla pubblicità. A seguito della recessione, le differenze sociali fra i vari ceti si amplificano e la pubblicità inizia a rivolgersi esclusivamente ad un ceto medio-alto, l’unico ancora disposto a spendere. La figura della donna diventa più versatile e poliedrica: la donna può essere imprenditrice, lavoratrice, ma anche madre e casalinga. Il tutto dipende dal messaggio pubblicitario che si vuole trasmettere.

Il nuovo millennio

Con l’arrivo del nuovo millennio, il settore pubblicitario sembra fare un passo indietro rispetto al passato: non si adatta più al consumatore e alla società, ma è quest’ultima che si lascia ispirare dagli ideali e dai messaggi che i brand comunicano attraverso le loro campagne. Ancora una volta ci vengono proposte modelle famose e star del cinema con i loro canoni di bellezza estetici spesso irraggiungibili che trasmettono il messaggio “magro è bello”.

Tutti i progressi fatti negli ultimi anni sembrano essere svaniti: i brand ripropongono alcuni stereotipi di genere, torna la visione donna-oggetto e si arriva in alcuni casi anche a erotizzare la violenza; questa volta non senza suscitare polemiche.

Le seguenti campagne pubblicitarie di Calvin Klein e Dolce e Gabbana sembrano mettere in atto una violenza sessuale e per tale motivo sono state a lungo criticati dall’opinione pubblica.

Finalmente, dal 2010 si intensificano i valori legati alla parità di genere, all’inclusività e alla body-positivity. Le pubblicità iniziano a celebrare le imperfezioni, le diverse fisicità, etnie e le singole peculiarità. Ciò consente ad ogni spettatrice di potersi finalmente identificare in bellezze e forme differenti.

La svolta nel 2014: il Femvertising

Per la prima volta, durante l’evento Adweek di New York, viene utilizzata l’espressione Femvertising, una filosofia pubblicitaria che condanna quella pubblicità che mira ad assegnare delle etichette, dei ruoli comportamentali stereotipati e che sessualizza il corpo femminile. Le parole chiave diventano inclusività, diversità, empowerment e libertà di scelta.

Il Femvertising diventa così importante che nel 2015 è stato anche istituito il Femvertising Award, un contest premia i brand in grado di creare pubblicità in linea con i valori della società odierna, eliminando qualsiasi tipo di stereotipo e abbattendo il gender-gap e qualsiasi altro tipo di discriminazione.

Ecco alcuni esempi di campagne pubblicitarie in linea con i valori del Femvertising.

Dove - Global campaign for real beauty & #ShowUs

Global campaign for real beauty è una campagna pubblicitaria della multinazionale Dove che celebra il body-positivity e la diversità in ogni sua forma. Non viene rappresentato più solo un ideale (magro, bianco e con il fisico scolpito), ma le protagoniste sono donne di nazionalità diversa e fisicità differenti. Sono donne di tutti i giorni, imperfette, vere, con il loro sorriso più smagliante. Come sottolinea il claim, la nuova crema rassodante di Dove, dunque, non è adatta soltanto a coloro che già hanno un fisico privo di imperfezioni, ma è adatto a tutte le diverse conformazioni fisiche – a chi è più formoso, a chi ha un filo di pancia, insomma, a tutte le donne.

Dove è tra i brand che più presta attenzione ad esaltare un concetto di bellezza che supera tutti i preconcetti. Per la nuova campagna #ShowUs, la multinazionale attiva nella produzione di prodotti per l’igiene personale, ha raccolto oltre 10.000 fotografie di donne e persone genderqueer, che si identificano con il genere femminile con l’obiettivo di abbattere gli stereotipi sulla bellezza, per mostrare le donne così come sono, con i loro difetti, e non come gli altri credono che dovrebbero essere.

Gucci – For the bold, the bright and the beautiful

Anche la casa di moda italiana Gucci, per promuovere la sua nuova linea di rossetti, ha lanciato una campagna pubblicitaria che celebra la bellezza come imperfezione. La protagonista è Dani Miller, frontwoman dei Surfbort, la quale ha raccontato di essere stata bullizzata quando era una bambina a causa del suo sorriso irregolare. È stato proprio il suo sorriso “imperfetto” a farla diventare la testimonial della linea Beauty di uno dei brand più famosi al mondo.

La campagna “For the bold, the bright and the beautiful” (per i coraggiosi, i brillanti e i belli) è diventata immediatamente virale sui social network ed è un bellissimo inno alla normalità e all’autenticità.

Perché è ancora importante il femvertising?

La condizione della donna è nettamente migliorata rispetto al passato. Se solo settant’anni fa, la donna era subordinata all’uomo e marito e considerata esclusivamente in qualità di moglie, casalinga e mamma, oggi non è più così. Le donne hanno fatto passi avanti straordinari su vari fronti – in primis per quanto riguarda l’occupazione, dal momento che oggi svolgono ruoli e funzioni all’interno della società che fino a qualche tempo fa erano di esclusivo appannaggio maschile. Tuttavia, c’è ancora molto da fare per abbattere completamente qualsiasi tipo di disuguaglianza, eliminare gli stereotipi derivanti da una mentalità arcaica, e promuovere realmente l’inclusività e l’unicità.

A tale scopo, i brand possono svolgere un ruolo attivo e molto importante: mediante le loro campagne pubblicitarie possono scegliere di guidare il pubblico verso il cambiamento promuovendo un linguaggio e un comportamento più inclusivo e rispettoso nei confronti della donna e veicolare un’ideale di donna forte ed indipendente che possa essere di ispirazione soprattutto alle nuove generazioni.

Hai mai sentito parlare di Femvertising? Conosci altre campagne pubblicitarie che celebrano la bellezza autentica della donna e cercano di abbattere il gender-gap? Raccontacelo nei commenti!

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