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27/04/2023 / Marketing & comunicazione

Ho chiesto a ChatGPT cosa ne pensa dei suoi contenuti in ottica SEO

Si è tanto parlato dell’avvento di ChatGPT e del ruolo che avranno le intelligenze artificiali nel futuro della creazione dei contenuti, anche e soprattutto in ottica SEO. Abbiamo quindi chiesto direttamente a ChatGPT di scrivere un articolo sulla SEO e successivamente di dirci se i contenuti da lui generati sono buoni in ottica di ottimizzazione per i motori di ricerca. Ecco com’è andata e le conclusioni che abbiamo tratto.

Come probabilmente molti già sanno, ChatGPT è uno strumento di intelligenza artificiale lanciato a novembre 2022 da OpenAI, un’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di ricerca sull’intelligenza artificiale.

Il suo nome è l’acronimo di Chat Generative Pre-trained Transformer, ossia "trasformatore pre-istruito generatore di conversazioni". Infatti, ChatGPT funziona proprio come una chat: ci basterà chiedergli qualcosa affinché esso generi una risposta più o meno articolata.

Come funziona ChatGPT

La sua tecnologia si basa sull'elaborazione del linguaggio naturale (NLP - Natural Language Processing), una branca dell'intelligenza artificiale che studia come programmare i computer per renderli in grado di comprendere e interagire con le lingue naturali. In pratica, gli algoritmi che governano ChatGPT assorbono una mole immensa di informazioni e conversazioni generate dall’uomo, al punto da poter comprendere le sfumature del linguaggio umano e generare risposte altrettanto naturali.

Il suo successo è stato pressoché immediato: lanciato nella sua prima versione il 30 novembre 2022, soltanto nei primi cinque giorni era già stato provato da un milione di persone; a gennaio 2023 occupava tutte le prime pagine ed era l’argomento principale di discussione su ogni social. Un trend che si conferma in crescita anche ora che è giunto alla sua terza versione e che ha introdotto un modello Freemium.

Ma cosa lo rende così speciale? Rispetto ai cugini Siri e Alexa, ChatGPT è in grado di fornire risposte anche a input piuttosto articolati e tecnici (dai codici di programmazione, a spiegazioni complesse, fino alla composizione di musica), al punto che persino colossi come Bing e Google hanno iniziato la corsa all’integrazione di questo tipo di intelligenza artificiale nei propri motori di ricerca. ChatGPT se l’è aggiudicato Microsoft Bing ma Google non è rimasto a guardare e, a febbraio 2023, ha lanciato Bard.

Ma quindi è tutto oro quello che luccica? Non proprio. L’ha dimostrato per primo Bard che, rispondendo in maniera errata durante la sua prima demo pubblica, ha fatto perdere a Google 100 miliardi di dollari e crollare il valore delle sue azioni del 7%.   

Inoltre, lo stesso ChatGPT, al momento dell’iscrizione, fa un disclaimer molto chiaro: “Sebbene disponiamo di misure di sicurezza, il sistema può occasionalmente generare informazioni errate o fuorvianti e produrre contenuti offensivi o di parte. Non ha lo scopo di dare consigli.”

ChatGPT e il ruolo del copywriter

Uno degli aspetti più spinosi e controversi riguarda l’utilizzo di ChatGPT per il copywriting e la creazione dei contenuti. Il web pullula di articoli che riportano testimonianze di copywriter che hanno perso clienti perché rimpiazzati da ChatGPT. Alcuni testimoniano la perdita del lavoro o paventano l’estinzione di alcune professioni, soprattutto nel ramo della content creation.

Alla luce di ciò, per capire esattamente quanto efficiente sia ChatGPT, abbiamo voluto metterlo alla prova su un altro tema che ha scatenato discussioni piuttosto accese tra i professionisti del marketing: la creazione di contenuti in ottica SEO, quindi ottimizzati per i motori di ricerca.

L’articolo sulla SEO scritto da ChatGPT

All’input di scrivere un articolo sulla SEO, ChatGPT ha prodotto il seguente contenuto:

L’articolo spiega in maniera semplice e concisa che cos’è la SEO, le diverse tipologie di ottimizzazione e perché è importante. Non entra nel merito di ogni strategia citata ma è concettualmente corretto e si può dire che abbia interpretato il mio input, piuttosto ampio (“scrivi un articolo sulla SEO”), correttamente.

Le possibili criticità dei contenuti creati da ChatGPT

Tuttavia, memore del disclaimer dello stesso ChatGPT, gli ho successivamente chiesto se i contenuti prodotti da lui sono buoni in ottica di ottimizzazione per i motori di ricerca.

Questa la risposta di ChatGPT:

A questo punto, ho accolto il suggerimento dello stesso ChatGPT, eseguendo un controllo gratuito con Quetext per verificare che non ci fossero parti plagiate da altri siti. Ecco i risultati:

Secondo Quetext, il 50% del testo combacia con del testo contenuto in altre fonti. Il punteggio è calcolato come media ponderata di tutte le corrispondenze all'interno del testo. Più alto è il punteggio, maggiore è la probabilità di plagio.

Osservando i risultati nel dettaglio, ci accorgiamo che effettivamente alcuni pezzi sono pressoché identici alle fonti citate.

Quindi, prendere alla lettera contenuti generati da ChatGPT, potrebbe voler dire trovarsi davanti a:

  • informazioni non sempre accurate o corrette;
  • informazioni decontestualizzate;
  • contenuti non originali.

 Che fare, quindi? In realtà, ce lo suggerisce lo stesso ChatGPT:

  • revisiona e rielabora l’output fornito;
  • convalida le informazioni consultando altre fonti;
  • ottimizza i contenuti in base a ciò che è realmente pertinente al tuo business.

Le mie conclusioni

Sebbene sia probabile che in futuro l’intelligenza artificiale affiancherà sempre di più i professionisti del marketing, quasi come fosse un nuovo collega, parlare di estinzione di certe professioni o rimpiazzi ci sembra alquanto azzardato e, soprattutto, prematuro. Pare, infatti, di sentire nuovamente i discorsi secondo i quali gli attuali computer avrebbero dovuto sostituire l’uomo: una circostanza che finora non si è verificata, se non nella misura di un miglioramento o efficientamento di certe procedure che prima, invece, richiedevano molto più tempo.

Quindi, alla luce del nostro piccolo esperimento, ci pare che chi pensa di sostituire copywriter e creatori di contenuti con l’intelligenza artificiale farebbe un danno in primis al proprio brand: per quanto formidabili, allo stato attuale le intelligenze artificiali non sono in grado di produrre contenuti realmente originali né esenti da errori. Né tantomeno contenuti in grado di ricalcare la componente umana ed emotiva insita in ogni prodotto dell’uomo, che poi è ciò che fa la differenza quando si parla di unicità e originalità.

Se ciò non bastasse, a farci riflettere sulla questione dovrebbero essere le stesse best practice dettate da Google, secondo il quale un contenuto, per ottenere un punteggio di qualità alto (e quindi posizionarsi nella prima pagina della SERP), deve essere autorevole, attendibile e scritto da chi ha davvero le competenze e l’esperienza diretta o di vita necessaria a trattare l’argomento. Un concetto riassunto nell’acronimo EEAT.

Non solo. Attualmente manca una normativa che regoli l’utilizzo delle intelligenze artificiali, spesso usate per creare contenuti falsi ma facilmente scambiabili per veri. I vari casi di deepfake, tra cui le famose foto del papa con un vistoso piumino, o il featuring virale mai esistito tra Drake e The Weeknd ne sono la prova.

Detto questo, l’intelligenza artificiale rappresenta un grande potenziale e, se regolamentata e usata con buonsenso, può davvero tornarci utile nella vita quotidiana, anche come content creator. Ci può infatti aiutare ad organizzare le idee o un workflow in file appositi, o addirittura a intavolare un calendario editoriale, con tanto di spunti e idee per i contenuti. Utilizziamola quindi per fare brainstorming ed elaborare idee piuttosto che come scorciatoia per la creazione “copia-incolla” di contenuti.

E se proprio non vi piace ChatGPT, potete sempre provare con CatGPT.

Tu di che opinione sei? Pensi davvero che le intelligenze artificiali possano sostituirsi a certe professioni?

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