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16/02/2022 / Marketing & comunicazione

Digital Marketing Trend 2022: tutto quello che c’è da sapere

Gli ultimi report parlano di un mondo sempre più digitalizzato, che si muove a grande velocità verso esperienze più immersive, nuovi formati e nuove tecnologie. Tra recommerce, NFT e criptovalute, ecco 7 digital marketing trend da tenere d’occhio nel 2022.

A chiunque si approcci al marketing per la prima volta viene detto che la prima cosa da fare è conoscere il proprio pubblico. Non esiste, infatti, strategia di marketing che si possa definire tale che non prenda in considerazione i bisogni, le aspettative e i comportamenti del proprio pubblico.

Va da sé, quindi, che conoscere in che modo le persone utilizzano internet e i social, di quali contenuti fruiscono, cosa preferiscono quando si parla di mondo digitale e quali sono gli ultimi trend del settore è essenziale per pianificare una strategia di comunicazione davvero efficace.

Proprio pochi giorni fa è stato pubblicato da We Are Social e Hootsuite il Digital 2022 Global Overview Report, che ogni anno ci porta oltre 200 pagine di dati e statistiche sul mondo digitale e che ci è prezioso per capire in che direzione sta andando il digitale.

In questo articolo andremo a riassumere i principali digital marketing trend e come i brand possono sfruttarli nella propria strategia di marketing 2022.

1. Sempre più persone utilizzano Internet, tool di traduzione e assistenti vocali

Gli ultimi dati ci dicono che il 62,5% della popolazione mondiale utilizza Internet. Ciò significa che la forbice tra coloro che hanno accesso a internet e coloro che invece non ce l’hanno si sta riducendo sempre di più.

Il bacino di utenti si sta quindi allargando ed è destinato ad aumentare fino a includere buona parte della popolazione mondiale: ad oggi, di fatto, soltanto circa 3 miliardi di persone rimangono senza internet, sintomo che la digitalizzazione sta arrivando un po' ovunque.

Ma come utilizzano Internet le persone? Il 61% degli utenti utilizza internet per trovare informazioni; il 55,3% per rimanere in contatto con amici e famigliari e il 53,1% per rimanere aggiornato su novità ed eventi.

Pertanto, intercettare le query del nostro target e fornire una risposta attraverso contenuti e approfondimenti interessanti deve rimanere la nostra priorità.

Altri dati su cui vale la pena soffermarsi riguardano l’utilizzo di strumenti di traduzione automatica e di assistenti vocali.

Ogni settimana, il 31,9% degli utenti a livello mondiale utilizza strumenti per tradurre automaticamente i contenuti online in altre lingue. Percentuale destinata a salire quando si osserva il dato paese per paese, come in Colombia (57%), in Brasile (53,7%) o in Polonia (46,5%), per citare un paese europeo.

Ciò si ricollega ad un discorso molto caro alla SEO e spesso sottovalutato dai marketers: non tutti gli utenti cercano contenuti in inglese, anzi. Molte persone non solo cercano contenuti nella propria lingua ma, appunto, li traducono con strumenti appositi quando incontrano pagine in altre lingue.

Ciò significa che, qualora il nostro target fosse internazionale, dobbiamo prendere in considerazione di tradurre i nostri contenuti in più lingue.

Un altro dato interessante, che ritroviamo anche quest’anno, riguarda l’utilizzo degli assistenti vocali. Ogni settimana, il 24,1% degli utenti a livello mondiale utilizza assistenti vocali come Alexa o Siri per ricercare informazioni online.

Pertanto, i nostri contenuti dovranno essere ottimizzati a livello SEO anche per la ricerca vocale, attraverso l’utilizzo di parole chiave conversazionali e di prossimità.

2. I social si confermano un punto di contatto strategico ma l’engagement organico è in calo

Rispetto al 2021, il bacino di utenti social ha registrato un +10,1%, arrivando a 4,62 miliardi di utenti, un dato davvero sorprendente.

Il tempo medio speso sui social è di 2 ore e 27 minuti, con YouTube che guida la classifica di social dove le persone spendono, in media, il maggior numero di ore ogni mese: 23,7. Ma se il dato di YouTube è stabile rispetto a quello del 2021, TikTok, che conta una media di 19,6 ore al mese, ha registrato un +48% rispetto all’anno scorso. Quindi, sebbene le app Meta continuino a detenere il podio delle piattaforme più utilizzate al mondo in termini di utenti globali attivi, TikTok sta avanzando velocemente nella classifica, catalizzando l’attenzione di un numero di utenti sempre più alto e per sempre più tempo.

Detto questo, rimane valido un dato che avevamo già trovato l’anno scorso, ovvero la sovrapposizione di account social: in media, un utente utilizza 7,5 piattaforme social ogni mese. Sicuramente non contemporaneamente, sicuramente non con la stessa frequenza; tuttavia, rimane il fatto che una sovrapposizione di target da una piattaforma all’altra è altamente probabile.

È poi interessante notare come il 43,5% di utenti utilizzi i social per ricercare informazioni sui brand, sintomo che rimangono un punto di contatto importante per ogni business. I social sono anche importanti per seguire brand dai quali si è già acquistato qualcosa, brand dai quali si sta considerando di acquistare qualcosa e aziende rilevanti per il proprio lavoro.

A livello pubblicitario, nel 2021 la spesa pubblicitaria globale sui social media ha superato i 150 miliardi di dollari, con gli annunci sui social che rappresentano circa un terzo (33,1%) della spesa digitale totale.

Ciò ha innescato una serie di conseguenze.

In primis, se è vero che gli inserzionisti hanno speso il 14% in più per gli annunci sui social media nel quarto trimestre del 2021 rispetto allo stesso trimestre del 2020, è altrettanto vero che ciò ha causato un aumento del 21,7% del CPM (una media di $ 9,13 per 1.000 impressioni).

Di conseguenza, a causa del costo medio per impressione più elevato, gli inserzionisti hanno generato meno impressioni totali nel quarto trimestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020, nonostante la spesa pubblicitaria sia stata maggiore.

Ma ciò non ha portato a un calo dell’efficacia del social media advertising. Infatti, gli ultimi dati di GWI ci dicono che più di 1 utente Internet su 4 (corrispondente al 27,6%) scopre nuovi brand, prodotti e servizi tramite annunci sui social media, una cifra solo leggermente inferiore a quella degli annunci TV (31,1%).

A livello organico, invece, poco meno di 1 utente su 4 (il 23,2%) mette mi piace o segue attivamente un brand sui social media ogni mese, mentre quasi 1 su 8 (il 12,2%) afferma di condividere i post sui social media dei brand almeno una volta al mese. Non solo, i dati di Locowise indicano che le pagine Facebook possono aspettarsi un tasso medio di engagement dello 0,07%, un dato davvero molto basso: solo 7 fan ogni 10.000 reagiscono, commentano o condividono un qualsiasi post. Paradossalmente, questa percentuale è destinata ad abbassarsi ulteriormente maggiore sarà il numero di fan: per 100.000 fan, il tasso medio di engagement è dello 0,05%.

Questi dati ci confermano ciò che già probabilmente sapevamo: i tassi di engagement sui social (alcuni più di altri) sono in calo e i vanity metrics non sono più sufficienti né testimonianza assoluta di successo.

Detto ciò, come dimostrano i dati citati inizialmente, i social rimangono un punto di contatto importante, quindi è bene presidiarli, soprattutto se abbiamo già aperto in passato delle pagine dedicate al nostro brand. Al tempo stesso, alla luce di questi dati e tenendo conto della sovrapposizione del target tra le varie piattaforme, è bene osservare quali social (o formati) ci restituiscono i risultati migliori in termini di engagement e concentrare i nostri sforzi di marketing su quelli.

A livello pubblicitario, vista la spesa maggiore a fronte di un numero minore di impressioni, il consiglio rimane quello di concentrare il budget su quelle campagne che riteniamo essere più di valore per il nostro brand.

3. Il futuro dell’e-commerce è il recommerce e il live commerce

A livello di e-commerce, non dovrebbe sorprendere che la crescita iniziata durante la pandemia da Covid-19 non dia segni di cedimento e che persino gli e-commerce legati al turismo stiano registrando una ripresa.

I dati di GWI mostrano che quasi 6 utenti Internet su 10 (pari al 58,4%) acquistano qualcosa online ogni settimana, una cifra che gli esperti indicano come destinata ad aumentare.

Un trend, invece, che sta prendendo sempre più piede è quello del “recommerce”, una scelta popolare per 1 utente su 7 (il 14,4%) che ogni settimana compra qualcosa di seconda mano.

Anche Facebook Marketplace e Instagram Shop restituiscono dati in crescita, sintomo forse che si sta abbattendo quella barriera tra esperienza fisica ed esperienza virtuale di acquisto, arrivando a convincere anche gli acquirenti più cauti e dubbiosi ad effettuare acquisti online.

Un trend che aiuterà ulteriormente ad assottigliare le differenze tra esperienza in negozio e acquisto online è il live commerce, o shopping in diretta, che permette ai partecipanti di interagire in maniera immediata con i venditori. Una forma di vendita che in Cina sta già spopolando e registrando vendite record.

4. Le app per mobile sono diventate un business consolidato  

I dati di App Annie ci dicono che l’utente mobile tipico spende in media 4 ore e 48 minuti al giorno usando il proprio smartphone. Non solo, nel 2021 gli utenti smartphone di tutto il mondo hanno speso un totale di 170 miliardi di dollari in app e acquisti in-app.

Il business delle app (e degli acquisti in app) presenta quindi un’opportunità importante per i brand, che possono sfruttare questo formato per proporre i propri prodotti e servizi. E, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, gli utenti sono disposti a pagare per avere accesso a un’app che ritengono utile.

Ma, come sempre nel marketing, sta proprio nell’utilità di ciò che offriamo la chiave del successo. Il rischio, altrimenti, è di investire in qualcosa che non darà nessun valore aggiunto al nostro pubblico e nessun ritorno al nostro brand.

5. Gli NFT verso una creazione di valore duraturo

Gli NFT sono beni non fungibili, ovvero risorse digitali uniche come un'animazione, un design grafico, GIF, file audio/video o meme, che esistono su una blockchain. Tali token attestano l’autenticità, l’unicità e la proprietà di un oggetto digitale.

Il successo e la novità degli NFT hanno contribuito a creare una speculazione, che in certi casi sta mettendo in cattiva luce questa tecnologia che in realtà potrebbe rivelarsi molto interessante e ricca di potenziale.

Con la speranza che, passata la fase irrazionale, la conversazione si focalizzi di più a creare un valore effettivo e duraturo, in tale contesto, i brand possono iniziare a ragionare su come attingere a queste risorse digitali, creando i propri NFT oppure costruendo delle partnership con i creator che permettano di creare una vera e propria community e un valore aggiunto per i propri clienti.

6. Le criptovalute saranno il futuro prossimo (ma solo per certi gruppi demografici)

Un altro bene che sta catalizzando l’attenzione delle persone al pari degli NFT sono le criptovalute, sulle quali il dibattito è spesso polarizzato, forse perché anche in questo caso la speculazione ha messo in cattiva luce una tecnologia che, di fatto, utilizza sempre più persone: il numero di persone che possiedono criptovalute è aumentato di oltre un terzo (+37,8%) rispetto all’anno scorso.

GWI riferisce che più di 1 utente su 10 ora possiede una qualche forma di criptovaluta, cifra che sale a più di 2 su 10 in Thailandia. Infatti, è proprio nei paesi con economie in via di sviluppo, dove le monete convenzionali sono più soggette a fluttuazioni dei tassi di cambio, che le criptovalute si stanno diffondendo maggiormente.

Le monete digitali offrono quindi un potenziale ad oggi poco esplorato: se in un paese come gli Stati Uniti sono utilizzate da una nicchia di utenti, in altri paesi hanno una diffusione più capillare. Se la nostra audience include tali paesi, accettare criptovalute potrebbe aiutare ad attirare nuovi clienti verso il nostro brand.

7. Il passaggio ai first-entry data è sempre più vicino

Sono ormai due anni che si parla da un lato della crescente preoccupazione sulla privacy dei dati da parte dei consumatori e dall’altro, della dismissione dei cookie di terze parti.

Di fatto, tutto il discorso sulla privacy ha messo in luce un problema che già conoscevamo ma al quale probabilmente non abbiamo mai prestato troppa attenzione: quello che chiamiamo “nostro pubblico”, in realtà è sempre stato di proprietà di Facebook, Instagram, Twitter o di qualsiasi altra piattaforma. Non abbiamo, come brand, nessun controllo diretto su tale pubblico.

Ecco perché gli esperti individuano nel 2022 l’anno in cui dovremo iniziare a possedere effettivamente il nostro pubblico.

Tradotto in pratica, ciò significa che i brand devono iniziare ad integrare metodi di raccolta dei dati che mettano al primo posto la tutela della privacy dei consumatori. Come? Investendo in campagne mirate alla raccolta di dati proprietari attraverso e-mail, newsletter, social media e CRM.

Ad alcuni potrebbe sembrare di fare un passo indietro rispetto a dove siamo oggi. Ma a chiedercelo non è soltanto la buona riuscita della nostra strategia di marketing ma, evidentemente, anche il nostro stesso pubblico.

Tirando le somme

Complice l’aumento della digitalizzazione nel mondo, della velocità di connessione, nonché la maggiore accessibilità a strumenti digitali sempre più potenti, il mondo digitale si sta muovendo a passi rapidi verso esperienze sempre più immersive e nuovi format più coinvolgenti, in grado di trarre il meglio da social media, intrattenimento ed esperienze.

I brand che vogliono emergere in questo panorama dovranno saper stare al passo con i tempi, abbandonare presto l’iniziale diffidenza verso le nuove tecnologie e pensare invece a come declinare il brand in questo scenario.

Cosa ne pensi di questi digital marketing trend 2022? Dicci la tua nei commenti e contattaci per conoscere più da vicino i nostri servizi di marketing.  

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