Creare appositamente delle barriere di acquisto potrebbe sembrare una mossa controproducente ma con lo scarcity marketing è possibile sfruttare leve psicologiche per aumentare le vendite. Vediamo come.
Ti è mai capitato di voler acquistare un prodotto a cui tenevi tanto ma di scoprire che purtroppo era già andato esaurito? Ecco, questa situazione potrebbe essere in realtà un’astuta tattica: i brand, a volte, creano appositamente delle barriere all’acquisto di un prodotto o servizio, creando pochi esemplari oppure rendendo volutamente difficile l’acquisto.
Queste strategie sono chiamate scarcity marketing e creano nel consumatore la voglia di entrare in possesso di un prodotto proprio perché difficilmente ottenibile. In questo articolo, andremo a vedere insieme su cosa si basa lo scarcity marketing e come è utilizzato dai brand.
Cos’è lo scarcity marketing?
Lo
scarcity marketing (tradotto in italiano con “marketing della scarsità”) è una strategia di marketing che sfrutta il principio della scarsità per far leva sul timore dei consumatori di perdersi qualcosa oppure di non possedere un determinato prodotto/servizio al fine di aumentare le vendite. Si crea quindi un senso di urgenza che sprona i clienti ad acquistare prima che sia troppo tardi.
Creando appositamente delle
offerte limitate nel tempo, restringendo l’accesso ai prodotti oppure producendo una quantità di merci inferiore alla richiesta da parte del mercato, i brand possono incrementare l’attenzione intorno a un determinato prodotto e dare vita a una vera e propria corsa all’acquisto.
Questa tipologia di marketing si basa su un
principio di psicologia cognitiva postulato per la prima volta da Jack Brehm nel saggio Theory of Psychological Reactance: stando a questa teoria, l’essere umano anela ciò che è molto richiesto ma al contempo estremamente difficile da ottenere. Più diventa difficile raggiungere un obiettivo, più lo si desidera raggiungere.
Di conseguenza,
i consumatori sono portati a voler comprare ciò che è molto difficile acquistare.
Lo stesso Brehm racconta di un esperimento durante il quale lo psicologo ha posizionato due giocattoli identici davanti ad alcuni bambini. Un giocattolo era facilmente raggiungibile, mentre il secondo era protetto da una barriera di plexiglass che costringeva i bambini ad allungare il percorso per raggiungerlo. La maggior parte dei partecipanti all’esperimento ha scelto comunque il secondo giocattolo.
Negli anni, gli studi intorno a questa interessante teoria si sono ampliati. Robert Cialdini, in Influence: The Psychology of Persuasion, sostiene che
l'idea di una potenziale perdita assume un ruolo fondamentale nel modo in cui l’essere umano prende le decisioni.
La FOMO
Nel marketing,
il timore di perdere oppure di non aver accesso a qualcosa è definito FOMO (Fear of Missing Out, ovvero la paura di rimanere esclusi). La FOMO è anche alla base di molte dinamiche proprie di internet, come l’incessante attività di scrolling che avviene su Twitter o l’immediata apertura delle nuove stories pubblicate da un amico su Instagram. Ma riguarda, ad esempio, anche le serie TV, che sono guardate tutte d’un fiato non appena escono, in modo da poterne poi parlare ovunque.
Non è un caso quindi che il
68% dei millenial sostenga di aver acquistato almeno un prodotto a causa del timore di sentirsi esclusi. Questo timore è infatti sfruttato anche dai brand, tramite diverse strategie che prevedono la creazione di una scarsità artificiale che potrebbe causare la permanente perdita di un prodotto.
Gli elementi che compongono lo scarcity marketing
Una volta appurato che il valore di un prodotto aumenta con il diminuire della sua accessibilità, occorre comprendere come sfruttare questo concetto all’interno delle strategie di marketing. Come si può creare una scarsità artificiale e indurre i consumatori all’acquisto? Vediamo gli elementi più comuni:
- Durata limitata
- Esclusività
- Rarità
Oltre a
rendere disponibili i prodotti/servizi solo per un determinato periodo di tempo, una delle pratiche più diffuse per incentivare l’acquisto nei consumatori è quello di instillare il dubbio che essi saranno comunque disponibili, ma ad un prezzo decisamente maggiore. È la strategia che si nasconde dietro ai saldi effettuati nei negozi oppure agli sconti proposti dai brand in occasione di eventi particolari, come i Prime Days di Amazon.
Tuttavia, i consumatori sono ormai
abituati a questa tipologia di incentivi e spesso non prestano nemmeno più attenzione a sconti o saldi. Pertanto, oltre al prezzo ridotto, ci sono altri elementi che influiscono nella creazione di un senso di urgenza.
Sono molti i brand che hanno realizzato
edizioni limitate dei propri prodotti. In questo caso, la merce mantiene sempre lo stesso prezzo e non c’è una data massima entro la quale acquistare. L’urgenza è data dalla quantità di merci disponibili, che è inferiore alle richieste da parte del mercato. I consumatori sono quindi portati ad effettuare immediatamente l’acquisto, al fine di evitare che le scorte si esauriscano per sempre.
Questa strategia è attuata non solo con oggetti fisici, ma anche per spronare un altro genere di acquisti. Prendiamo ad esempio
i messaggi sui vari portali online che indicano la limitata disponibilità di ciò che stiamo pensando di acquistare. Il fatto che ci siano pochi posti a disposizioni per il concerto della nostra band preferita, o che un altro utente stia visualizzando la stanza che prevedevamo di prenotare per le nostre tanto agognate vacanze estive ci rende molto più propensi a procedere subito con il check-out.
Infine, la scarsità è generata anche creando delle
barriere all’acquisto. In questo caso la disponibilità limitata può essere data solo dal luogo in cui un prodotto è venduto, la metodologia di pagamento oppure il prezzo. Questa strategia è, per esempio, utilizzata molto dai settori della moda e del lusso.
Tutti questi elementi compongono le
strategie di scarcity marketing e sono spesso complementari. Inoltre, la scarsità è utilizzata insieme ad altre strategie promozionali e canali pubblicitari. Per comprendere meglio come sfruttare il principio di scarsità, andiamo ora a vedere insieme tre casi studio di successo.
Scarcity marketing: tre esempi di successo
1) I Nutella biscuits
I biscotti contenenti la crema Nutella hanno spopolato tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 in Europa, grazie al loro sapore ma anche alla loro fama di dolci introvabili.
Ferrero, brand che detiene il marchio Nutella, ha realizzato
un’intensa campagna sui social media per promuovere i nuovi biscotti in prossimità delle vacanze natalizie. Tuttavia, sugli scaffali dei supermercati e dei negozi alimentari sono state distribuite pochissime confezioni. Di conseguenza, i consumatori hanno visitato molteplici punti vendita alla ricerca di questi nuovi biscotti e hanno commentato su internet la difficoltà incontrata nel trovarli, ingigantendo ulteriormente l’esposizione dei Nutella Biscuits. La Nutella Biscuit mania era così fuori controllo che alcuni supermercati si sono ritrovati a dover porre dei limiti sul numero di confezioni acquistabili per persona.
Sebbene l’azienda non avesse annunciato che sarebbero stati disponibili solo come edizione limitata e in quantità ridotte, i consumatori si sono affrettati ad acquistare ogni confezione potessero trovare e alcuni le hanno anche
rivendute a un prezzo maggiorato su Amazon.
Nonostante ora la disponibilità sia aumentata, la loro scarsa reperibilità ha fatto sì che
nel primo mese fossero vendute oltre 4,2 milioni di confezioni, per un guadagno di circa 12 milioni di euro. Grazie a questo successo, Ferrero ha potuto raddoppiare poi la sua produzione e assumere cento nuovi dipendenti.
2) Le capsule collection di H&M
Solitamente brand di lusso operanti nel settore della moda sfruttano l’esclusività per differenziarsi dai competitor, con prezzi che possono raggiungere le decine di migliaia di euro a capo. Ad esempio, per ottenere la famosa (e costosissima) Birkin di Hermès, è necessario prima spendere ingenti quantità di denaro nei negozi del brand per poter essere inseriti in una lista di attesa della durata di oltre un anno, ed essere prima o poi chiamati per creare e personalizzare la propria borsa dei sogni. Ma lo scarcity marketing è impiegato anche da marchi meno esclusivi.
Oltre che per incrementare le vendite dirette,
il principio della scarsità è utilizzato dai brand fast fashion anche per aumentare il valore percepito. Un esempio famoso è la catena H&M, che tramite le sue capsule collection realizza edizioni limitate di capi d’abbigliamento spesso realizzati in collaborazione con brand di lusso e disponibili solo in selezionati negozi fisici e store online.
Questa strategia è stata implementata per la prima volta nel lontano 2004 grazie alla collaborazione con lo stilista tedesco Karl Lagerfeld ed è poi proseguita negli anni coinvolgendo altri nomi dell’alta moda, come Moschino, Jimmy Choo e Simone Rocha.
Associando il proprio brand a questi marchi rinomati,
H&M ha incrementato la brand awareness. Inoltre, le collezioni limitate hanno sfruttato il principio di scarsità spiegato nei paragrafi precedenti per invogliare i consumatori ad effettuare un acquisto rapido pur di non perdersi questi capi esclusivi a prezzi inferiori rispetto agli standard del mercato.
Le capsule collection però non sono realizzate esclusivamente con la collaborazione dei nomi dell’alta moda, ma anche con brand che operano in settori completamente differenti. Una delle più riuscite è quella con Netflix, che tramite l’azienda ha creato e commercializzato alcuni capi conici dei propri show di maggiore successo.
Ecco quindi che è possibile per (pochi) consumatori indossare i costumi da bagno mostrati durante la terza stagione di Stranger Things oppure t-shirt e maglioni ispirati alla quarta stagione, ma anche capi più particolari come le divise della scuola di Sex Education.
Sfruttando l’interesse generato dagli show di Netflix con la scarsa reperibilità dei capi, disponibili fino all’esaurimento delle scorte, H&M è stata in grado di creare una vera e propria corsa all’acquisto.
3) Lo streetwear Lidl
Rimaniamo nel settore dell’abbigliamento, ma con uno stile decisamente diverso. La
catena di supermercati Lidl ha infatti deciso si creare un proprio brand di streetwear nel 2020. La produzione di indumenti targati “Lidl Fan Collection” è iniziata dopo il successo di un’iniziativa sviluppata dalla casa madre tedesca, che offriva la possibilità di vincere dei calzini ai clienti che si fossero recati nel negozio per scattare un selfie.
Verso la fina dell’anno,
l’azienda ha perciò messo in vendita scarpe, magliette, ciabatte e cappellini a un prezzo decisamente basso (le sneakers erano infatti vendute a 13$).
In poche ore
i capi di abbigliamento sono esauriti, per poi essere messi in vendita su Ebay anche a 2.700€. Lidl ha sfruttato anche in questo caso una strategia che caratterizza da sempre l’azienda: il prezzo civetta. Il costo estremamente basso di un prodotto è infatti utilizzato per attirare il cliente all’interno del punto vendita, nel quale gli saranno poi proposte ulteriori merci che faranno lievitare i guadagni di Lidl.
In aggiunta, la limitata quantità di scarpe e vestiti a disposizione – in concomitanza con la diffusione della notizia e la viralità del fenomeno su internet – ha provveduto a richiamare nei supermercati dell’azienda una quantità di clienti senza precedenti.
Riassumendo
L’essere umano è caratterizzato dal
bisogno di far parte di una comunità, pertanto teme di rimanere senza qualcosa posseduto dalla maggioranza o di perdersi eventi importanti. Per tale motivo, le persone sono disposte a svegliarsi nel cuore della notte per assistere alla proiezione dell’ultimo episodio di Game of Thrones, oppure a fare la fila sotto la pioggia pur di accaparrarsi i biglietti per la finale di Champions League o l’ultimo modello di iPhone.
Questa sensazione, definita
FOMO, è alla base dello scarcity marketing: una tecnica persuasiva che si basa sulla paura dei consumatori di perdere la possibilità di scelta, creando un senso di urgenza ed esclusione nel cliente per invogliarlo a procedere con gli acquisti.
Amazon, Booking, EasyJet, Eminflex, ecc., sono molti i brand che hanno deciso di
sfruttare il principio di scarsità all’interno delle proprie strategie di marketing. Offrendo sconti limitati ad un breve periodo di tempo, segnalando la disponibilità limitata della merce desiderata oppure producendo intenzionalmente scorte ridotte, le aziende sfruttano alcune leve inconsce della psicologia umana per spronare l’acquisto di prodotti e servizi.
Come abbiamo visto, questa tipologia di marketing ha creato una vera e propria caccia al prodotto, con i capi di abbigliamento di Lidl o i biscotti della Nutella che sono diventati un oggetto di culto tra i collezionisti e sono venduti nei circuiti secondari al triplo del loro valore iniziale.
Tuttavia, basare le proprie vendite esclusivamente sullo scarcity marketing potrebbe rivelarsi dannoso, siccome
i consumatori sono ormai abituati a queste strategie. Le aziende citate in questo articolo non basano infatti la loro strategie esclusivamente sul principio di scarsità, bensì queste dinamiche sono parte di una più ampia strategia di comunicazione, che abbraccia anche tecniche più tradizionali.
Occorre quindi che i brand sviluppino un
piano di marketing e comunicazione che comprenda anche altre strategie e canali, al fine di realizzare contenuti che attirino costantemente l’attenzione dei propri (potenziali) clienti di riferimento.
Tu hai mai provato questa sensazione di FOMO? Hai mai acquistato compulsivamente perché spinto dal timore di rimanere senza un prodotto o di perdere la possibilità di ottenere uno sconto, per poi pentirtene dopo qualche giorno? Oppure sei il fiero possessore di un paio di scarpe brandizzate Lidl e fai colazione ogni mattina con i Nutella Biscuits? Facci sapere la tua opinione nei commenti!
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