Analizzando i report di Hootsuite e Hubspot/Talkwalker, abbiamo individuato 10 trend chiave che guideranno contenuti e strategie social 2021 e che i brand dovranno tenere in considerazione per impostare una comunicazione efficace con il proprio pubblico.
Quando l’anno scorso abbiamo parlato dei trend digitali del 2020 nessuno poteva immaginarsi quello che il 2020 aveva in serbo per noi.
La pandemia e la conseguente crisi economica, le dilaganti proteste sociali, l’incalzante situazione climatica – tutti questi fattori non solo hanno influito sull’approccio delle aziende al digitale, e in particolare ai social, ma anche su come i social si sono adattati per far fronte alle nuove esigenze.
Ad esempio, sebbene già l’anno scorso si prevedeva una forte crescita dei contenuti video e l’aumento di formati Live o delle Storie, nessuno avrebbe immaginato un balzo tale nel ricorso a tali strumenti, provocato dalla necessità di rimanere in contatto quando la parola d’ordine era distanziamento sociale.
Sicuramente il Covid-19 più di ogni altro fattore ha fatto da catalizzatore per molte idee, eventi e iniziative che forse altrimenti non si sarebbero verificate, e dobbiamo aspettarci che alcune dinamiche e ripercussioni generate da tale situazione si ripercuotano anche nel 2021.
Come ogni anno, piattaforme globali come Hootsuite, Hubspot e Talkwaker analizzano la situazione, raccogliendo interviste e feedback da marketers ed esperti del settore al fine di pubblicare report e proiezioni su ciò che ci attende nel 2021.
In questo articolo vi presentiamo 10 punti chiave da tenere in considerazione per impostare una strategia di marketing e comunicazione sui social media nel 2021.
1) La consapevolezza sociale delle nuove generazioni
Eventi contingenti come il Covid-19 e le spaccature sociali hanno portato molti brand a dover prendere una posizione, adottando politiche specifiche.
Questioni di interesse comune come l’educazione, la società, la politica, l’equità, il clima stanno a cuore alle generazioni più giovani e vengono ampiamente discusse sui social. Non solo, tali argomenti guidano anche le decisioni di acquisto di queste generazioni, che stanno crescendo e presto si interfacceranno col mondo del lavoro, aumentando la propria capacità di spesa.
Le aziende orientate agli obiettivi dovranno tenere conto di questi fattori e prendere una posizione a riguardo. Attenzione però: adottare una strategia di marketing socialmente consapevole non è qualcosa che si può falsificare, imitare o costruire dall’oggi al domani. Cedere alla pressione sociale ha portato molti brand ad essere definiti come ipocriti, soprattutto se paragonati a marchi come Patagonia che hanno fatto della responsabilità sociale e ambientale il proprio USP.
Quindi, se in azienda non c’è una strategia realmente orientata a tali obiettivi, ogni sforzo di marketing sarà inutile e soprattutto dannoso per la reputazione stessa dell’azienda.
I social media possono venirci in aiuto per ascoltare i trend e ciò che i consumatori chiedono, vogliono, reputano importante nelle decisioni di acquisto. Ma la decisione di assumere una posizione a riguardo deve partire dalla direzione aziendale, che deve definire una strategia funzionale, orientata agli obiettivi, che non si fermi soltanto a mere dichiarazioni, estemporanee e prive di reale significato ma che sia autentica.
Cosa fare, dunque? Come avevamo già specificato parlando di LinkedIn, il primo passo è creare delle policy di comportamento per i social media, uno strumento ancora più fondamentale in tempi di crisi. Se queste policy già esistono, una revisioni delle stesse renderà i dipendenti e in particolare il team social più preparati e sicuri nella gestione delle interazioni con il pubblico. Un pubblico che va ascoltato. E questo ci porta direttamente al prossimo trend.
2) Ascoltare il proprio pubblico
Come già accennato, quando è scoppiata la pandemia molti brand si sono affrettati a cambiare totalmente le proprie strategie di comunicazione, focalizzando tutta l’attenzione sul Covid-19 e argomenti correlati e finendo per adottare un linguaggio quasi sentimentalistico, alla lunga davvero stancante.
Non si può apparire sconnessi dalla realtà ma nemmeno inserirsi a forza in conversazioni in cui i nostri consumatori non vorrebbero trovare il nostro brand. La maggior parte delle persone utilizza i social per trovare contenuti divertenti e per informarsi. Inoltre, Hootsuite ci fa sapere che il 68% delle persone non pensa che brand o aziende condividano contenuto interessante.
I brand che vogliono emergere nel 2021 dovranno trovare modi creativi di inserirsi nella conversazione invece di tentare di guidarla, creando contenuti che sfondino il muro dell'indifferenza.
Adottare strategie di marketing conversazionale può aiutarci a passare dalla teoria alla pratica, costruendo relazioni basate su contenuti one-to-one personalizzati, adottando un tono più conversazionale e umano, combinando l’intelligenza artificiale ad una forma più empatica di comunicazione.
Nel 2021 è lecito aspettarsi un impegno maggiore da parte di brand e piattaforme per connettersi di più ai consumatori, anche grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale. Le promozioni diventeranno meno forzate e deriveranno maggiormente dall’ascolto del pubblico, da conversazioni naturali e relazioni consolidate con i consumatori.
Dal lato brand è bene rivedere le proprie metriche di performance, tenendo presente il normale comportamento degli utenti. La maggior parte delle persone su Facebook, infatti, condivide 1 post ogni 30 giorni in media. Ciò ci dovrebbe far capire come like e share non sempre rappresentino il reale interesse di un utente. In questo senso, reach ed engagement sono metriche più realistiche, specialmente se l’engagement si traduce in seguito in azioni concrete, come la richiesta di informazioni.
3) La continua importanza della customer experience
Ascoltare il proprio pubblico significa anche riportare l’attenzione sulla customer experience.
Infatti, negli ultimi anni abbiamo assistito a uno spostamento del focus dal miglioramento della customer experience alla ricerca di un ROI più elevato. Tuttavia, le transazioni non rendono un brand memorabile né portano a una crescita sul lungo termine, e oggi più che mai è necessario ricreare attraverso i social le costumer experience che sono venute a mancare nei touchpoint fisici a causa del distanziamento sociale e delle chiusure imposte dalla pandemia.
Questo non solo eleverà il valore sociale agli occhi del pubblico ma aiuterà anche a differenziare i propri prodotti e servizi da tutti gli altri inserzionisti (in continuo aumento peraltro).
Una storia di successo a proposito ce la presenta Clarins, azienda di prodotti per la cura della pelle, costretta dalla pandemia a chiudere tutti i suoi negozi fisici, che tradizionalmente rappresentavano la fonte numero uno di vendite e profitti, spostando il proprio focus sull’e-commerce.
Per sopperire alla mancanza del supporto e dei consigli di acquisto notoriamente presenti nei negozi fisici, Clarins si è affidata alla sua beauty coach Rebecca Jones che, direttamente da casa propria attraverso Instagram Stories, ha condiviso consigli su prodotti e routine di bellezza, in base alle tipologie di pelle e alle esigenze più comuni. La natura casalinga e fai-da-te ha permesso ai consumatori di identificarsi con Rebecca, portando a risultati di engagement incredibili.
È fondamentale quindi tornare al motivo originale per cui sono nati i social: rimanere connessi, in questo caso con i propri clienti. Per fare ciò in un periodo in cui le esperienze in-store sono limitate o dovranno essere ripensate, è importante accompagnare lo shop online ad esperienze simili a quelle che si potrebbero fare nei negozi fisici per rendere più tangibile la qualità del prodotto, ad esempio attraverso Live sui social, l’employee advocacy e la collaborazione con influencer.
Il caso della generazione Baby Boomers
A proposito di customer experience e di ascolto del proprio pubblico, nel 2021 molti marketers dovranno abbandonare gli stereotipi e rimediare ad un errore perpetrato per troppo tempo: l’esclusione della generazione Baby Boomers dai target di marketing.
Particolarmente attivi su Facebook, come ogni figlio Millennial vi potrà confermare, questa generazione che raggruppa i nati tra il 1946 e il 1964, è diventata col tempo sempre più esperta di tecnologia e social. Non solo, il 70% degli utenti di Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell'ultimo mese.
Nonostante ciò, i Boomers sono stati spesso esclusi dai target di comunicazione. Uno dei colpevoli di tale errore è la cattiva abitudine del settore di inseguire la novità invece che l’efficacia. Ad esempio, TikTok è stato uno degli argomenti più discussi e mentre la sua influenza è destinata a crescere, Hootsuite ci fa sapere che in base alle opinioni dei suoi intervistati, TikTok si colloca al momento tra le piattaforme meno efficaci.
Come rimediare? Come accade per ogni target, non è detto che tutti siano interessati al tuo brand. Tuttavia, piuttosto che escludere un’intera generazione semplicemente basandosi sull’età (e sugli stereotipi), è meglio optare per una targhettizzazione specifica, basata sugli interessi, che non includa per forza tutti ma né escluda a priori i Boomers, che hanno hobby e passioni proprio come tutti gli altri.
4) Le quattro C che guideranno i toni di conversazione sui social
Le ripercussioni del Covid-19 non finiranno con l’arrivo del vaccino ma si ripercuoteranno anche nel futuro. Non solo, le nostre abitudini di consumo sono state influenzate e cambiate dalla pandemia e quasi sicuramente non torneranno più le stesse della situazione prepandemica.
Alla luce di ciò, secondo il report di Hubspot e Talkwalker, i toni della comunicazione del 2021 saranno determinati da quattro C: Community, Contactless, Cleanliness, Compassion – parole peraltro diventate di tendenza e ampiamente discusse sui social.
I consumatori ricercano nei brand rassicurazioni e informazioni circa le loro preoccupazioni.
I brand dovranno quindi saper rispondere a tali preoccupazioni e richieste di informazione, entrando a fare parte di queste conversazioni, previa valutazione però della pertinenza della propria comunicazione relativamente all’argomento.
Le quattro C dovranno plasmare la comunicazione dei brand nel 2021, adattandosi al mutare delle principali preoccupazioni dei consumatori.
In base a tutti i trend citati finora, i brand dovranno connettersi maggiormente con i propri consumatori, ascoltando e analizzando le loro conversazioni per comprendere i dettagli delle loro preoccupazioni, e fornire risposte che consentano loro di affrontare questi problemi in modo più efficace.
5) Il potere dei contenuti generati dagli utenti (remixati)
L’avvento di TikTok ha sicuramente dato nuova forma ai contenuti generati dagli utenti, consacrandoli come una delle forme di comunicazione digitale più efficaci.
Ciò che rende questo nuovo tipo di user generated content davvero un trend sul quale focalizzarsi (e aspettarci di più dal futuro, visto anche il successo generato dal recente lancio di Instagram Reels) è la possibilità garantita agli utenti di fare un remix dei contenuti, personalizzandoli nella maniera più consona ad esprimere sé stessi e la propria personalità.
Infatti, non si parla più di un mero atto di condivisone di un post virale: i contributi delle persone sono ripresi da altri utenti, che li fanno propri, personalizzando il formato e trasformando un trend in qualcosa di nuovo.
Questo tipo di contenuti ha riscosso ancora maggior successo durante il lockdown imposto dal Covid-19, trasformandosi in una vera e propria forma di connessione tra le persone, che hanno potuto continuare a comunicare e creare nuovi contenuti anche senza dover uscire di casa.
I brand possono inserirsi in questo contesto offrendo nuovi format e template sui quali gli utenti possono basare i propri contenuti. Ciò consentirà una connessione più organica tra brand e consumatori.
Inoltre, aspettiamoci che sempre più app e canali social si adattino per accogliere questo tipo di contenuti, offrendo anche opzioni di realtà virtuale e realtà aumentata.
6) L’impegno per fermare la disinformazione digitale
Il termine fake news è entrato nel vocabolario di tutti. E come molti già sapranno, fake news, disinformazione e teorie complottiste trovano ampio spazio sui social.
Se già si era coscienti della pericolosità e delle controversie legate alla gestione delle fake news da parte dei giganti social – con Twitter che segue la linea dura e Facebook che sceglie la cautela – la pandemia da coronavirus ha sicuramente riscosso gli animi, dando nuova forza all’impegno da parte sia dei brand sia delle piattaforme social di combattere le fake news e la disinformazione in genere, come avevamo visto quando abbiamo parlato di come il Coronavirus ha cambiato il mondo digitale.
Il 2021 (e scommettiamo anche gli anni a venire) sarà segnato da questo continuo sforzo congiunto.
La questione Meme
Perché parliamo di disinformazione digitale in correlazione con i meme?
Ebbene, i meme sono diventati una delle forme di comunicazioni più potenti e popolari, soprattutto tra i più giovani. Si calcola infatti che il 55% delle persone tra i 13 e i 25 anni si scambi meme ogni settimana.
Sono sicuramente una forma divertente, a volte irriverente, di comunicazione, che ha offerto un sollievo e una forma di escapismo dalla situazione generata dal Covid-19. Tuttavia, come spesso accade con le forme di comunicazione più popolari, anche i meme possono essere sfruttati per influenzare gli utenti online con fini maliziosi, soprattutto quando vanno a braccetto con la disinformazione, che come abbiamo detto è in forte crescita.
Tutti gli argomenti “caldi” come la politica, l’economia e il Covid-19 stesso sono a rischio di manipolazione, anche attraverso i meme. Nei prossimi mesi e anni, dobbiamo aspettarci che i meme vengano utilizzati sempre di più per persuadere i consumatori.
Ma l’impatto dei meme non interessa solo questioni chiave come quelle sopraccitate bensì coinvolge anche i brand. Se da un lato i brand stessi sfruttano i meme per comunicare con il linguaggio del proprio pubblico, condividendo anche quelli generati dalla community stessa, dall’altro i brand dovranno prestare sempre più attenzione per ridurre al minimo il potenziale di propaganda del mezzo.
In attesa di possibili nuove normative che regolino questo tipo di formato (che peraltro si muove sulla sottile linea dei diritti di copyright), aspettiamoci un monitoraggio sempre maggiore di questo formato, sia da parte delle piattaforme sia da parte dei brand stessi.
7) Il fascino del marketing di nostalgia
Quanti di voi nati negli anni 90 come me amano ripensare alle infinite partite a Super Mario Bros sul Game Boy Color, agli scambi durante l’intervallo delle carte Pokemon, alle ore passate ad ascoltare le cassette delle Spice Girls con il walkman?
Che i vostri gusti incontrino i miei o che il vostro anno di nascita sia diverso dal mio, ogni generazione possiede ricordi legati a momenti, oggetti, usi di un certo periodo, che riportano alla mente momenti spensierati.
Gli ultimi anni sono particolarmente attraversati da questa attitudine nostalgica, basti pensare ai vari (e più o meno riusciti) reboot di produzioni passate alla storia o a nuovi prodotti come Stranger Things, che strizzano l’occhio a un’intera generazione, ponendo l’accento su usi e costumi di un tempo ormai passato e guardato quasi con rimpianto.
In periodi di incertezza e recessione economica come quello che stiamo vivendo, il ricorso ai ricordi e alla nostalgia è ancora più frequente e rappresenta per molti un tentativo di connettersi a tempi più felici per distrarsi dalla situazione attuale.
Non dovrebbe sorprendere quindi che il 2021 vedrà l'aumento di strategie legate al marketing di nostalgia, in grado di collegare emozioni positive ad un brand, conferendogli una connotazione sentimentale.
Storie associate al tema di "giorni migliori", contenuti che ruotano attorno a elementi classici, riedizioni di prodotti ormai defunti o contenuti presentati in stile "vecchia scuola" – i formati che i brand possono sfruttare sono molteplici.
Ciò che dobbiamo tenere a mente qualora volessimo adottare strategie simili è che il marketing della nostalgia funziona solo per una generazione per volta, proprio per lo stretto legame con il periodo storico.
8) Il ritorno del marketing tradizionale
Chi legge i nostri articoli sa quante volte abbiamo menzionato il fatto che non esiste una strategia di marketing perfetta e sempre efficace: le abitudini dei consumatori e degli utenti online cambiano e si adattano a trend e situazioni contingenti e per questo è importante che le nostre strategie di marketing siano flessibili.
Abbiamo già parlato di come la pandemia di Covid-19 ha cambiato le abitudini degli utenti online. Oggi ci viene dato un altro dato: le strategie di marketing più tradizionali sono tornate alla riscossa, newsletter e podcast in primis, per colmare un vuoto di informazioni.
La conclusione che si può trarre da ciò è che i brand dovranno focalizzarsi di più sull’offrire contenuti di qualità, in grado di colmare il vuoto sopraccitato, concentrandosi di più sul contenuto rispetto allo stile.
9) I social media incontrano il gaming
Con il lockdown, sempre più persone hanno utilizzato i videogiochi come distrazione, segnando anche una forte crescita delle community e dei forum online. Ciò che potrà sorprendere è che le keyword legate a queste community non sono relative tanto ai giochi di per sé, quanto alla socialità che ne deriva, al giocare insieme: attraverso piattaforme come Twitch o YouTube i giocatori si connettono tra loro, condividendo esperienze.
Di fatto, Talkwalker ci fa sapere che le persone che si identificano come gamers (citando ciò nella propria biografia social) sono salite da 31.1 milioni nel 2019 a 41.2 milioni nel 2020, segnando un +32%.
Se da un lato molte aziende hanno già capito e sfruttato il potenziale offerto dalle community di gamers (ad esempio Warner Bros che ha lanciato il primo trailer dell’ultimo film di Nolan, Tenet, attraverso il gioco Fortnite), dall’altro lato, aspettiamoci anche che molti franchise di giochi vadano oltre le proprie origini, costruendo ed espandendo sempre di più la propria community, anche oltre il gameplay.
Anche le piattaforme social stesse sembrano orientate in questa direzione: Facebook lancerà presto Facebook Horizon, un ambiente virtuale nel quale gli utenti potranno incontrarsi, costruire la propria community, interagire e giocare.
10) Facebook, Twitter e Instagram sono qui per restare
Spesso si legge di piattaforme in declino (quante volte lo avete sentito riguardo Twitter?) o di nuove piattaforme in piena ascesa (TikTok vi dice qualcosa?), ma la verità è che, se si analizzano i dati, tre sono le piattaforme che dopo un decennio e nonostante i target differenti continuano a non avere pari: Facebook, Twitter e Instagram.
Parte del successo di queste tre piattaforme è la loro capacità di adattarsi a qualsiasi situazione, rispondendo tempestivamente alle esigenze emergenti degli utenti attraverso nuove funzionalità e formati.
Quindi, anche se non saranno le stesse piattaforme che usiamo oggi, aspettiamoci di vedere queste tre piattaforme dominare la scena anche nei prossimi anni, probabilmente in vesti sempre diverse. Ciò che i brand dovranno fare è sapersi adattare di volta in volta a queste nuove vesti.
Tirando le somme
Ciò che possiamo desumere dai trend appena analizzati è che il leitmotiv del 2021 sarà Consumer is king: i brand che sapranno comprendere appieno i loro consumatori - le loro motivazioni, esigenze, conversazioni - e intraprendere azioni decisive sulla base di tali intuizioni, saranno quelli che sopravviveranno alle turbolenze che ci attendono.
Si preannuncia anche un ritorno alle origini sotto molti punti di vista: non solo si riscoprirà l’importanza della consumer experience rispetto alle vendite e al ROI (che comunque rimarranno importanti) ma sempre più attenzione verrà data anche alla capacità di ascolto e di reale connessione di un brand nei confronti dei propri consumatori, all’autenticità delle posizioni che assumerà rispetto ai temi sociali, al sapersi adattare ai nuovi formati e alle nuove abitudini dei consumatori.
L’anno che ci attende non sarà di certo facile e la sensazione è quella di dover ponderare con un’attenzione ancora maggiore le nostre scelte strategiche. Detto questo, un approccio realmente autentico e rivolto al consumatore è probabile che premierà i nostri sforzi.
Cosa ne pensi di questi trend? Riconosci tali comportamenti e attitudini nel tuo pubblico? Scrivicelo nei commenti e contattaci per maggiori informazioni sui nostri servizi di marketing e comunicazione.