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22/07/2022 / Marketing & comunicazione

Guida completa ai più importanti KPI di digital marketing

Quali sono i principali KPI da tenere in considerazione per comprendere l’andamento delle nostre strategie di marketing digitale? Come si misurano e quali conviene monitorare per migliorare le performance? Il seguente articolo dedicato ai Key Performance Indicators digitali ci aiuta a comprendere cosa sono i KPI di digital marketing, come scegliere quelli più adatti ai nostri obiettivi e come leggerli.

Il web è un contesto altamente competitivo che richiede alle aziende un controllo costante delle proprie prestazioni online. A livello digitale, monitorare le proprie performance significa esaminare attentamente determinate metriche, chiamate KPIs (Key Performance Indicators). Essi forniscono tutte le informazioni necessarie per comprendere l’efficacia di una campagna di marketing ed eventualmente di identificare e correggere gli errori.

In questo articolo vedremo cosa sono i KPI digitali, perché sono importanti e quali sono i principali KPI da tenere in considerazione in base ai canali di marketing digitale.

Cosa sono i KPI e come misurarli?

Il termine KPI deriva dall’acronimo inglese di Key Performance Indicator, ovvero indicatore chiave di prestazione. Nel marketing, i KPI vengono utilizzati per definire l’insieme di metriche da monitorare per determinare il successo o l’insuccesso di una strategia. Tali parametri consentono di misurare le prestazioni di un’azione di marketing e di dare un reale valore ad un obiettivo prefissato. In questo modo il marketer avrà sempre una panoramica dell’andamento della strategia implementata e potrà rapidamente apportare modifiche qualora essa non raggiunga i risultati desiderati.

Nel mondo digitale vi sono un numero pressoché infinito di informazioni e dati; dunque monitorare i risultati potrebbe risultare a colpo d’occhio troppo complicato e scoraggiante. È fondamentale quindi sin dal lancio della nostra strategia, stabilire quali sono gli indicatori che vogliamo tenere in considerazione per misurare le prestazioni delle nostre azioni di marketing e mantenere tali parametri nel lungo periodo. Al contrario, non sapere quali KPI specifici monitorare porterà a non avere un focus preciso e dunque a non riuscire ad avere una panoramica di cosa funziona e cosa no. Per determinare quali KPI misurare, possiamo considerare:

  • KPI che coinvolgono l’intera azienda: si tratta di parametri quantificabili che sono in linea con gli obiettivi della nostra azienda (ad esempio lead generation, vendite o conversioni);
  • KPI inerenti ad un singolo canale di comunicazione: teniamo in considerazione soltanto metriche relative ad un canale, senza aggregarle ad altre;
  • Leading indicator (indicatore anticipatore): si tratta di input che vengono utilizzati per predire l’evoluzione dell’andamento di una campagna di marketing. Ad esempio, se n. utenti visitano il nostro sito senza compiere un’azione/conversione (ad esempio acquisto, download di una brochure, compilazione di un modulo di contatto, ecc.), possiamo iniziare a dedurre di aver commesso qualche errore e dunque abbiamo la possibilità di correggerlo per migliorare le prestazioni.

Dovremmo invece evitare di considerare metriche relative ad eventi che sono al di fuori del nostro controllo in quanto non avremo gli strumenti necessari per correggere ciò che non dipende da noi. Dovremmo invece “prendere con le pinze” le cosiddette “vanity metrics”, metriche che alimentano soltanto la nostra vanità, spesso senza restituire valori ed informazioni utili per la nostra strategia.

Per impostare correttamente i KPI, possiamo seguire l’approccio SMART, secondo il quale ogni obiettivo deve essere:

  • Specific: specifico e ben definito (possiamo, ad esempio, considerare il numero di visitatori su una determinata pagina web);
  • Measurable: facilmente misurabile o quantificabile (valutare, ad esempio, la permanenza di un utente su una determinata pagina web o il numero di follower sulle nostre pagine social);
  • Achievable: realizzabile e concrete, che non superi la nostra portata (non possiamo aprire un nuovo canale YouTube e aspettarci in modo immediato milioni di visualizzazioni);
  • Realistic: pertinente e con un impatto rilevante sul nostro business (se il nostro obiettivo è fare lead generation, focalizziamoci più sulle conversioni dei moduli di contatto piuttosto che sulle visualizzazioni del video sul nostro canale YouTube)
  • Time-related: circoscritto all’interno di un orizzonte temporale e con una deadline ben definita (ad esempio, monitorare le vendite del primo trimestre dell’anno).

Vediamo ora quali sono i principali KPI da tenere in considerazione in base ai canali di marketing digitale.

Sito web

Il sito web è uno dei touch point digitali più importanti per un brand in quanto consente all’azienda di connettersi con il suo target di riferimento, comunicando i propri valori, mission e vision, oltre che di mettere in “vetrina” i propri prodotti e servizi.

Data l’importanza che un sito web ha per un’azienda, è fondamentale conoscere quali sono i KPI che ci consentono di comprendere l’andamento delle nostre prestazioni online. I parametri da valutare sono davvero moltissimi e includono anche query, parole chiave, sorgenti di traffico, velocità del sito, flussi di interazione ecc. Sono tutti dati che ci mette a disposizione Google Analytics, uno degli strumenti più utilizzati per misurare le performance di un sito web e che possiamo consultare quando vogliamo approfondire determinati aspetti. Qui ci concentriamo invece sui principali KPI.

Utenti e visualizzazioni di pagina

La metrica utenti indica il numero totale di utenti che hanno visitato il nostro sito web, blog o e-commerce. Mentre le visualizzazioni di pagina indicano il numero totale di pagine visualizzate.

Entrambe le metriche sono un ottimo indicatore per capire se il nostro sito sta generando un buon traffico. Non esistono numeri assoluti che indichino il successo: tali metriche vanno valutate in base al nostro pubblico di riferimento. Infatti, se operiamo in un settore di nicchia o particolarmente tecnico e specifico, il numero di utenti e visualizzazioni sarà sicuramente più contenuto rispetto a chi opera in un settore che abbraccia un pubblico più ampio.

Per migliorare tali metriche, a prescindere dal nostro settore di riferimento, dobbiamo puntare a migliorare il posizionamento del nostro sito sulla SERP, ottimizzando i contenuti e la struttura secondo le regole della SEO.

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Pagine visitate per sessione

Un’altra metrica da considerare per valutare l’interesse che gli utenti mostrano nei confronti del nostro sito e dei nostri contenuti, è il valore pagine per sessione che indica quante pagine un utente visualizza per sessione.

Una sessione corrisponde al periodo di tempo in cui un utente interagisce con il sito web, quindi va da sé che più alto è il numero di pagine per sessione più è probabile che l’utente trovi i contenuti del nostro sito interessanti.

Durata media della sessione

La permanenza o la durata media della sessione è un parametro importante per monitorare le prestazioni del nostro sito poiché indica quanto tempo un utente trascorre navigando tra le pagine del nostro sito web. Anche se il tempo di permanenza non è sempre sinonimo di successo, è comunque un parametro prezioso in quanto ci aiuta a valutare il livello di interesse degli utenti nei confronti dei contenuti del nostro sito e di comprendere quali sono le pagine che performano meglio.   

Frequenza di rimbalzo

Un’altra metrica strettamente correlata all’interesse dell’utente è la frequenza di rimbalzo o bounce rate, che indica la percentuale di visitatori che lasciano il sito web immediatamente dopo averlo visitato e senza interagire con la pagina.

Il termine “rimbalzo” quindi si riferisce proprio all’azione dell’utente che dopo essere atterrato sul nostro sito web, esce immediatamente dalla pagina, tornando sulla SERP o sul sito Web da cui partiva il link in uscita. I motivi per cui ciò accade possono essere diversi e a volte diametralmente opposti. Un utente che rimbalza via dalla pagina può farlo sia perché non ha trovato nulla che lo interessasse su quella pagina sia perché, al contrario, ha trovato immediatamente ciò che cercava (magari l’orario di apertura di un negozio).

A volte però il bounce rate è strettamente correlato a errori di codice, presenza di pubblicità troppo invasive che disturbano la navigazione oppure proprio a una scarsa qualità dei contenuti.

Pertanto, questa metrica va analizzata con attenzione e valutata in correlazione con le pagine del sito.

Backlink

Un’altro KPI da tenere in considerazione per monitorare le performance del nostro sito web, in questo caso in termini di SEO, sono i backlink o inbound link. Quando parliamo di backlink ci referiamo a link diretti al nostro sito che spontaneamente vengono inseriti all’interno di altri siti web. I backlink sono importanti per ottenere un buon posizionamento nella SERP, purché provengano da siti autorevoli e rilevanti per il nostro business. Quando non è così, è meglio rimuoverli, proprio per evitare di essere penalizzati.

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Conversione

Con il termine conversione si intendono tutte le azioni effettuate dagli utenti come risposta alle nostre Call To Action (CTA), come ad esempio, la registrazione ad un modulo di contatto, la registrazione ad un evento/webinar, alla newsletter, il download di un ebook, una vendita, ecc.

Questa metrica è praticamente applicabile a qualsiasi azione di marketing e, nel caso del sito web, ci indica il rapporto percentuale tra il numero di utenti e il numero di conversioni ottenute.

Annunci pubblicitari

Oltre al traffico organico, quando si parla di KPI non si può non tenere in considerazione il traffico a pagamento derivante dagli annunci pubblicitari.

Impression

Ogniqualvolta che uno dei nostri annunci viene mostrato ad un utente, viene registrata un’impression. Di conseguenza, con il termine impression facciamo riferimento al numero di volte che il nostro annuncio pubblicitario viene mostrato da qualche parte nel web. Questo indicatore dipende dal budget che decidiamo di investire e dal numero e dal valore di parole chiave che scegliamo.

Più alto sarà il punteggio di qualità del nostro annuncio, più possibilità avremo che esso venga mostrato al target prescelto.

Click-through Rate

Il CTR è la percentuale di clic che il nostro annuncio ha ottenuto in relazione alle sue impression. Il CTR può essere interpretato come un indicatore dell'interesse che i nostri annunci hanno suscitato negli utenti che, attirati dalla nostra campagna di advertising, hanno cliccato su di esso per scoprirne il contenuto.

Di conseguenza, il CTR ci aiuta comprendere l’efficacia delle nostre campagne nel catturare l'attenzione e l’interesse del pubblico target.

Conversione

Come abbiamo visto prima, il tasso di conversione riguarda il numero di utenti che hanno compiuto una determinata azione. Quando si parla di annunci pubblicitari, la conversione avviene quando l’utente clicca sulla Call To Action presente sulla landing page (un acquisto, ma anche la compilazione di un modulo per essere ricontattato, il download di un lead magnet ecc.)

Più alto è il tasso di conversione, più efficace risulta essere il nostro annuncio.

Newsletter

Le azioni di email marketing sono valutabili secondo diversi KPI, che spaziano da parametri strettamente correlati alla performance del messaggio inviato (come il tasso di apertura e di clic) a parametri che si prestano ad una lettura più ampia come ad esempio il delivery rate, che ci dà un’idea anche dallo stato di salute del nostro database. Prima di vedere quali sono i principali KPI da tenere in considerazione durante una campagna di email marketing, è bene ricordare che ogni piattaforma di email marketing dispone di una propria dashboard in cui possiamo trovare informazioni utili e statistiche dettagliate circa l’andamento di ogni invio e che, a volte, la definizione di ogni metrica cambia in base a come viene calcolata dalla piattaforma stessa.

Detto questo, ecco i principali KPI che dovremmo misurare durante una campagna di email marketing:

Tasso di apertura

Il tasso di apertura, anche noto con l’espressione inglese “open rate”, indica la percentuale di email consegnate con successo e aperte almeno una volta dai destinatari. Un basso tasso di apertura è spesso sinonimo di scarsa qualità della newsletter: se gli utenti non trovano interessanti le nostre comunicazioni, è probabile che, riconoscendo il mittente, cestinino le nostre newsletter ancora prima di aprirle; oppure è possibile che per determinati parametri tecnici le nostre comunicazioni vengano filtrate dai client di posta come spam.

Per migliorare il tasso di apertura vi sono diverse tecniche che possono essere implementate. I primi fattori da tenere in considerazione sono l’oggetto, il preheader e il mittente della nostra newsletter. Questi sono i primi (e unici) tre elementi che il destinatario visualizza quando riceve una nuova email nella sua casella. Occorre dunque sfruttare al massimo tali elementi per riuscire ad avere successo: un oggetto troppo banale o un’anteprima priva di informazioni chiave può indurre il destinatario a cestinare velocemente la nostra email. Dunque, la prima azione da fare è creare un oggetto e un preheader accattivanti e che in poche parole siano in grado di condensare il contenuto della mail e stimolare l’interesse del destinatario.

Un’altra cosa da fare per cercare di migliorare l’open rate è sperimentare con i giorni e gli orari d’invio, in modo da determinare quali sono i momenti più performanti per il nostro target. Anche segmentare la nostra mailing list, soprattutto se costituita da un numero elevato di utenti, potrebbe essere la scelta corretta. Ad esempio, possiamo creare mailing list specifiche in base alle tematiche affrontate nella newsletter o all’interesse mostrato dagli utenti, in modo da inviare comunicazioni più targettizzate ed evitare che gli utenti si disaffezionino.

Per non finire nei filtri spam ottimizziamo le nostre comunicazioni limitando il numero di caratteri e di foto e mantenendo un peso ridotto. Anche evitare parole ed espressioni tra cui sconti, offerte, miglior prezzo, ecc. ci aiuta a raggiungere la casella di posta principale ed evitare di finire nella posta indesiderata o nella scheda Promozioni.

Infine, occorre ricordare che l’open rate è un dato molto utile ma spesso poco preciso a causa dei sistemi e pratiche che nascono con l’obiettivo di tutelare la privacy degli utenti. Ad esempio, Apple Mail ha introdotto nel 2021 la Mail Privacy Protection offrendo agli utenti che utilizzano l’app di nascondere se e quando aprono le newsletter. Spesso, per ovviare a questo problema, i programmi di invio calcolano in automatico un’apertura per tutti gli utenti che utilizzano Apple Mail, di fatto alterando il tasso.

Tasso di clic

Quando ci riferiamo al tasso di clic, dobbiamo tenere in considerazione due tipi differenti di KPI: il CTR, ovvero il Click-through Rate, e il CTOR, acronimo di Click-to-Open Rate. Mentre il primo indica la percentuale di utenti che hanno cliccato almeno una volta su una Call-to-Action presente nella newsletter, il secondo riguarda il numero di clic in rapporto alle aperture uniche.

Fra i due parametri, il CTOR è sicuramente più importante per valutare il successo delle nostre newsletter in quanto ci permette di monitorare il coinvolgimento degli utenti: se tali utenti, dopo aver aperto (e si presume letto) la nostra newsletter, decidono anche di cliccare i link presenti, significa che il nostro messaggio è andato a segno.

Per incrementare i tassi di clic è opportuno creare testi e CTA coinvolgenti che spingano gli utenti a cliccare e scoprire il contenuto che si cela dietro.

Tasso di consegna

Il tasso di consegna (delivery rate) è la percentuale che indica le email che sono state consegnate al server target senza generare errori o bounce. Non è raro che i messaggi non vengano recapitati a tutti gli utenti che compongono la nostra intera mailing list: può capitare che una persona cambi email (soprattutto se si tratta di una email aziendale) o che un indirizzo email riporti errori di battitura.

Il tasso di consegna è legato alla cosiddetta frequenza di rimbalzo, che si suddivide in:

  • Soft bounce: indica un problema temporaneo per il quale è impossibile consegnare la mail al destinatario. Le cause di questo problema possono essere legate alla mancata connessione del provider, alla casella di posta momentaneamente piena, al messaggio troppo pesante, auto-risposte alle mail e altri tipi di errori temporanei.
  • Hard bounce: si riferisce ad un errore permanente. Il messaggio non può essere consegnato definitivamente in quanto l’indirizzo non esiste più o è stato disattivato, oppure il server del destinatario ha bloccato quello del mittente. Se un soft bounce si ripete per più di tre volte, la mail viene classificata come hard bounce.

Come accennato all’inizio, il tasso di consegna è legato anche allo stato di salute del nostro database: se il database non viene controllato e aggiornato in maniera continuativa, il rischio è di ledere l’intera strategia di email marketing.

Tasso di disiscrizione

Il tasso di disiscrizione (unsubscribe rate) indica il numero di utenti che richiedono di essere cancellati dalla nostra mailing list e quindi di non ricevere più le nostre comunicazioni.

Anche in questo caso, per cercare di ridurre il numero di disiscritti, è opportuno targettizzare e segmentare il database per evitare di saturare gli utenti con un numero cospicuo di newsletter. Non sempre le nostre comunicazioni sono adatte a tutti gli utenti: ogni database ha utenti con interessi differenti; dunque facciamo in modo che ricevano soltanto i messaggi più in linea con il loro profilo. Evitiamo anche di inviare un numero troppo cospicuo (o troppo basso) di newsletter: non vi è un numero preciso di newsletter da programmare per avere successo, sebbene sia opportuno essere regolari e costanti per mantenere fidelizzato l’utente. La cosa fondamentale è fornire sempre informazioni utili, interessanti e rilevanti.

Tasso di conversione

Il conversion rate indica la percentuale di destinatari che ha anche eseguito un’azione che ci eravamo prefigurati, tra cui, ad esempio, scaricare una brochure, richiedere informazioni o iscriversi a un evento.

Social Media

Anche i social media hanno determinati KPI che ci aiutano a valutare se la strategia implementata funzioni o meno. Ricavare tali informazioni non è difficile in quanto ogni social media mette a disposizione di brand e creator una propria dashboard che consente di monitorare KPI e insights dei singoli post nonché di avere una panoramica della nostra pagina o profilo.

Tuttavia, quando si parla di KPI in relazione ai post social è necessario fare due premesse. La prima riguarda le vanity metrics, ossia statistiche che in superficie riportano grandi numeri ma che non necessariamente si traducono in un risultato significativo per il nostro brand. Un esempio di ciò è il numero di follower, che non andrebbe mai valutato come numero fine a sé stesso ma sempre in relazione alle interazioni: un numero di follower alto è inutile se essi non interagiscono con i nostri contenuti.

La seconda premessa riguarda proprio le interazioni: l’engagement sui social è in calo e questo è un trend che prosegue da diverso tempo. Non solo, c’è una forma di engagement più “subdola” e nascosta per cui l’utente si sofferma sul nostro contenuto ma non necessariamente mette like o commenta.

Tutto ciò rende sempre più difficile trarre un quadro delle nostre performance social. Per questo motivo, i KPI che andremo a elencare vanno valutati non singolarmente ma sempre mettendoli in relazione. Vediamo quali sono i principali KPI che un social media marketer dovrebbe tenere in considerazione.

Awareness

I social network sono uno dei principali canali utilizzati dalle aziende per creare brand awareness, ovvero per incrementare la notorietà del nostro brand. In questa fase l’obiettivo principale è farsi conoscere dal target dunque i KPI da tenere in considerazione riguardano la community e i potenziali follower. Questi sono:

  • Copertura (o reach): indica il numero di utenti unici (non necessariamente follower) che hanno visualizzato un determinato contenuto.
  • Impression: indica il numero di volte che un contenuto è stato visualizzato dagli utenti (non necessariamente follower)

Engagement

Un altro parametro da tenere in considerazione durante una strategia di social media marketing è l’engagement, termine inglese che ha l’obiettivo di valutare il coinvolgimento degli utenti e la solidità del legame brand/utente. Più la relazione con il nostro brand è solida, più gli utenti saranno portati a compiere determinate azioni sui social media, e a convertirsi in clienti. Per misurare l’engagement sui social media, vengono utilizzate svariati parametri, tra cui:

  • Visite: quante volte un utente visita la pagina del nostro brand su una piattaforma social.
  • Follower: il numero di utenti che segue la pagina/il profilo del nostro brand.
  • Interazioni: il numero di like, commenti e reazioni a un nostro post.
  • Condivisioni: quante volte vengono condivisi i contenuti della nostra pagina.
  • Menzioni: il numero di volte che gli utenti hanno menzionato il nostro brand.

Conversioni

Un’altra metrica davvero importante per la nostra strategia di social media marketing riguarda le conversioni. Si tratta di un parametro che non può non essere tenuto in considerazione in quanto indica le azioni che vengono compiute dagli utenti. Ogni strategia di social media marketing si propone di raggiungere uno o più obiettivi e attraverso le conversioni possiamo misurare se la strategia implementata sta funzionando o meno.

Quando sui social network pubblichiamo un contenuto (a maggior ragione se sponsorizzato), spesso concludiamo con una CTA, ovvero chiedendo agli utenti di compiere una determinata azione. Ad esempio, attraverso un clic, possiamo indirizzarlo sul nostro sito o su una landing page creata appositamente dove verrà eseguita la reale conversione (ad esempio un acquisto, l’iscrizione ad un evento o ad una newsletter).

Riassumendo

In un contesto altamente competitivo come il mondo digitale, avere una panoramica costante delle nostre prestazioni ci consente di comprendere l’efficacia o meno delle nostre strategie di marketing su tutti i canali e agire tempestivamente.

I KPI, ovvero gli indicatori chiave di prestazione, sono dei grandi alleati dei marketer digitali e non possono essere ignorati. Come abbiamo visto con Apple Mail, le azioni a tutela della privacy stanno cambiando il modo in cui i dati e i comportamenti degli utenti vengono registrati. È importante quindi restare costantemente aggiornati circa le modalità con cui i motori di ricerca, le piattaforme social e di e-mail marketing raccolgono i dati per comprendere correttamente come interpretare i KPI che ci vengono forniti.

EOS Mktg&Communication può aiutarti ad implementare la strategia digitale più adatta alle esigenze della tua azienda. Visita la pagina dedicata ai nostri servizi oppure scrivici a info@eosmarketing.it per ricevere maggiori informazioni.

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